Ricorso  della  Regione  Valle d'Aosta, con sede in Aosta, piazza
Deffeyes  n. 1,  C.F.  80002270074  in  persona  del  presidente  pro
tempore,  on.  Luciano  Caveri,  rappresentato  e difeso, in forza di
procura  a margine del presente atto ed in virtu' della deliberazione
della  giunta  regionale  n. 382 del 10 febbraio 2006, dal prof. avv.
Giovanni  Guzzetta,  presso  il  cui  studio  sito in Roma, via Monti
Parioli, 48, ha eletto domicilio;

    Contro  il  Governo  in  persona del Presidente del Consiglio dei
ministri  pro  tempore,  con  sede  in  Roma,  Palazzo  Chigi, piazza
Colonna,  370,  per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
dei  commi da 24 a 26, da 198 a 206, 214, 216, da 583 a 593, da 597 a
600,  dell'art.  1  della  legge  23  dicembre  2005, n. 266, recante
«Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  (legge  finanziaria  2006)», pubblicata nel supplemento
ordinario  n. 211/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 201
del 29  dicembre 2005.

                              F a t t o

    1.  -  Con  la  legge  n. 266, pubblicata il 29 dicembre 2005, e'
stata  approvata  la c.d. «finanziaria 2006». Il comma 24 dell'art. 1
di  tale atto normativo si pone l'intento di garantire l'effettivita'
delle  prescrizioni  contenute nel programma di stabilita' e crescita
presentato all'Unione europea, di attuare i principi di coordinamento
della  finanza  pubblica  di  cui  all'art. 119  Cost.,  di  tutelare
l'unita' economica della Repubblica, in particolare come principio di
equilibrio  tra  lo  stock  patrimoniale e i flussi dei trasferimenti
erariali  nei  confronti degli enti territoriali soggetti al patto di
stabilita' interno, delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome   di  Trento  e  Bolzano.  In  ordine  a  questi  scopi,  la
disposizione  impone  la  riduzione  dei  trasferimenti  erariali,  a
qualsiasi  titolo spettanti, nella misura pari alla differenza tra la
spesa  sostenuta  nel  2006  per l'acquisto da terzi di immobili e la
spesa  media  sostenuta  nel  precedente  quinquennio  per  la stessa
finalita',  aggiungendo  che  un'analoga  riduzione sui trasferimenti
statali a qualsiasi titolo spettanti viene operata nei riguardi delle
regioni  e  delle  province  autonome. Il comma successivo, peraltro,
prevede  una  deroga  a  tale  regime  con  riguardo  all'acquisto di
immobili da destinare a sedi di ospedali, ospizi, scuole o asili.
    Il  comma  26  dell'art. 1 obbliga le amministrazioni interessate
dalla  disciplina di cui al comma 24, tra cui quindi anche le regioni
a  statuto speciale, a trasmettere al Ministero dell'economia e delle
finanze  -  Dipartimento  della  Ragioneria  generale dello Stato, le
informazioni  trimestrali  cumulate degli acquisti e delle vendite di
immobili   per   esigenze  di  attivita'  istituzionali  o  finalita'
abitative.  La  disposizione  prevede,  inoltre,  l'emanazione, entro
trenta  giorni  dall'entrata  in  vigore  della legge in esame, di un
decreto  da  parte dello stesso Ministero che fissi le modalita' e lo
schema della comunicazione di dette informazioni. La comunicazione in
parola  deve  essere  altresi' inviata all'Agenzia del territorio, la
quale  dovra'  verificare  la  congruita'  dei  valori degli immobili
acquisiti,   segnalando   gli   scostamenti   rilevanti  agli  organi
competenti per le eventuali responsabilita'.
    2.  -  Il  comma  198  dell'art. 1  impone  alle regioni, anche a
statuto  speciale,  agli  enti  locali nonche' agli enti del Servizio
sanitario  nazionale,  fermo restando il conseguimento delle economie
di  cui  all'art. 1,  commi 98  e 107,  della legge 30 dicembre 2004,
n. 311,  di  concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza
pubblica  adottando  misure  necessarie  a  garantire che le spese di
personale,   al   lordo   degli   oneri   riflessi   a  carico  delle
amministrazioni e dell'IRAP, non superino per ciascuno degli anni dal
2006 al 2008 il corrispondente ammontare dell'anno 2004, diminuito di
un  punto  percentuale.  Le  spese di personale considerate includono
anche  quelle  per il personale a tempo determinato, con contratto di
collaborazione  coordinata  e  continuativa o che presta servizio con
altre  forme  di  lavoro  flessibile o con convenzioni. Il successivo
comma 199 interviene a precisare alcuni dettagli per il calcolo delle
spese per il personale di cui sopra.
    Il  comma  200  specifica  che  gli  enti  anzidetti  possono far
riferimento,   quali   indicazioni   di   principio   in   vista  del
conseguimento  degli  obiettivi di contenimento della spesa di cui al
comma  198  (quindi, diminuzione di un punto percentuale, rispetto al
2004,  della  spesa  per  il  personale  nel triennio 2006-2008) alle
misure  che  nella  legge in oggetto riguardano il contenimento della
spesa  per  la contrattazione integrativa ed i limiti all'utilizzo di
personale  a  tempo determinato, nonche' alle altre specifiche misure
in materia di personale.
    Il comma 201 stabilisce che gli enti locali possono concorrere al
conseguimento  degli  obiettivi  di  contenimento  della spesa per il
personale,  di  cui  al comma 198, attraverso interventi diretti alla
riduzione del costo di funzionamento degli organi istituzionali.
    A  norma del comma 202, al finanziamento degli oneri contrattuali
del  biennio  2004-2005  concorrono le economie di spesa di personale
riferibili  all'anno  2005,  come  individuate dall'art. 1, comma 91,
della legge n. 311 del 2004.
    Per  quanto  concerne,  in  particolare,  gli  enti  del Servizio
sanitario  nazionale, il comma 203 stabilisce che quanto disposto nel
comma  198  costituisce  uno  strumento  di rafforzamento dell'intesa
Stato-regioni   del   23   marzo   2005,  intervenuta  in  attuazione
dell'art. 1, comma 173, della legge n. 311 del 2004.
    Il  comma  204  prevede,  poi,  anche  per  le  regioni a statuto
speciale,   un   sistema   di  monitoraggio,  quale  quello  previsto
dall'art. 1,  comma  30,  legge  n. 311  del  2004, per verificare il
rispetto degli adempimenti previsti dal comma 198.
    I commi 205 e 206 dispongono, rispettivamente, che per le regioni
e le autonomie locali le economie derivanti dall'attuazione del comma
198  restano acquisite ai bilanci degli enti per il miglioramento dei
relativi  saldi  e  che  le  disposizioni  dei  commi  da  198  a 205
costituiscono  principi  fondamentali del coordinamento della finanza
pubblica ai sensi degli artt. 117, comma 3, e 119, comma 2, Cost.
    3.  -  Il  comma  214,  con  riguardo  a tutte le amministrazioni
pubbliche,  sopprime  le indennita' di trasferta, mentre il comma 216
prevede  che il personale appartenente a dette amministrazioni che si
rechi  in  missione o viaggio di servizio all'estero, il rimborso per
le  spese  di  viaggio  in aereo spetta nel limite delle spese per la
classe economica.
    4.  -  I  commi  da  583 a 593 intervengono in materia turistica,
disponendo che determinati soggetti «promotori» possono proporre alla
regione   interessata   proposte   riguardanti  la  realizzazione  di
insediamenti  turistici  di  qualita'  di  interesse nazionale, anche
mediante    la   riqualificazione   di   insediamenti   ed   impianti
preesistenti.  Il  completamento  dell'individuazione  dei  possibili
«promotori»  e rimesso ad un apposito regolamento, da adottare, entro
sessanta  giorni  dall'entrata in vigore della legge, con decreto del
Ministro  delle  attivita-produttive, di concerto con altri Ministri.
Vengono    altresi'   definite   le   caratteristiche   che   debbono
contraddistinguere   tali   insediamenti  turistici  di  qualita',  i
requisiti delle relative «proposte», nonche' i criteri che le regioni
debbono  adottare  nella loro valutazione ed il procedimento che esse
sono tenute a seguire dopo averne apprezzato il pubblico interesse.
    5.  -  I  commi  da 597 a 600 recano norme in materia di edilizia
residenziale  pubblica.  Il  comma 597 stabilisce che, entro sei mesi
dall'entrata  in  vigore  della  legge, un decreto del Presidente del
Consiglio  dei ministri debba introdurre norme per la semplificazione
dell'alienazione degli immobili di proprieta' degli Istituti autonomi
per  le  case  popolari,  comunque  denominati.  L'emanazione di tale
decreto  e'  sottoposta  al  previo accordo tra Governo e Regioni; la
predisposizione  di esso avviene in sede di Conferenza Stato-Regioni,
sulla  base  della proposta dei Ministri del lavoro e delle politiche
sociali,  dell'economia  e  delle finanze, delle infrastrutture e dei
trasporti.  Ma l'accordo  in  parola,  specifica  il  comma 598, deve
necessariamente  conformarsi  a  determinati contenuti, che la stessa
disposizione   impone   e   che  concernono  il  prezzo  di  vendita,
l'esercizio  del  diritto di opzione, le finalita' cui debbono essere
destinati  i proventi delle alienazioni. Viene altresi' prevista, dal
comma  600,  la  possibilita'  da parte degli Istituti proprietari di
affidare a societa' di comprovata esperienza in materia immobiliare e
con  specifiche  competenze  nell'edilizia  residenziale pubblica, la
gestione    delle    attivita'   necessarie   al   censimento,   alla
regolarizzazione ed alla vendita dei singoli immobili.
    6. - Va infine rilevato che l'atto normativo indicato in epigrafe
stabilisce,  al  comma  610  dell'art. 1,  che «le disposizioni della
presente  legge  sono  applicabili nelle regioni a statuto speciale e
nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le
norme dei rispettivi statuti». Tuttavia, due ordini di considerazioni
mostrano  l'assoluta  ambiguita'  della  portata  normativa  di  tale
«clausola   di   salvaguardia».  Anzitutto,  la  legge  in  questione
contempla  espressamente,  in  differenti  commi  dell'art. 1  (quali
quelli  da  24  a 26, da 198 a 206, 214 e 216) l'applicabilita' della
disciplina  ivi prevista anche alle Regioni a statuto speciale e alle
Province  autonome  di  Trento  e Bolzano. In secondo luogo, anche in
commi  ove  tale riferimento espresso alle regioni a statuto speciale
non  figura  (quali  quelli  da  583 a 593 e da 597 a 600), il tenore
letterale  delle  disposizioni non consente di escludere con certezza
l'efficacia  delle  relative  norme anche nei riguardi delle suddette
regioni.  Si  tratta di disposizioni che, se riferite anche agli enti
regionali ad autonomia speciale ed alla Valle d'Aosta in particolare,
presentano  molteplici profili di illegittimita' costituzionale anche
per  contrasto  con  norme  statutarie, mentre l'ambigua «clausola di
salvaguardia»    del    comma    610   non   permette   di   ritenere
inequivocabilmente non interessata dalle disposizioni in questione la
Regione  Valle  d'Aosta. La possibilita' che esse vadano interpretate
in  senso  lesivo  delle  attribuzioni  della Regione, induce a farle
oggetto  di impugnazione, sulla scorta della solida giurisprudenza di
codesta  ecc.ma  Corte,  per  la quale «il giudizio in via principale
puo'  concernere  questioni  sollevate  sulla base di interpretazioni
prospettate  dal  ricorrente  come possibili, a condizione che queste
ultime  non  siano  implausibili e irragionevolmente scollegate dalle
disposizioni  impugnate  cosi' da far ritenere le questioni del tutto
astratte o pretestuose» (sent. n. 412 del 2004).
    7.  -  Tutto  cio'  premesso,  l'odierna  ricorrente, ritenuta la
lesione   delle   proprie  attribuzioni  costituzionali,  impugna  le
disposizioni  indicate  in epigrafe del presente atto, per i seguenti
motivi di

                            D i r i t t o

    1.  -  Violazione  dell'art. 48-bis dello Statuto speciale per la
Valle d'Aosta (legge cost. n. 4 del 1948) da parte delle norme di cui
ai commi 24 e 26 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005.
    L'art. 48-bis,  comma  1,  dello  Statuto  speciale  per la Valle
d'Aosta (legge cost. n. 4 del 1948), aggiunto dall'art. 3 della legge
cost.  n. 2 del 1993, delega il Governo ad emanare uno o piu' decreti
legislativi  recanti  le  disposizioni  di  attuazione  dello Statuto
speciale.  Il  comma  2 dello stesso articolo specifica, inoltre, che
gli schemi dei decreti legislativi «sono elaborati da una commissione
paritetica  composta da sei membri nominati, rispettivamente, tre dal
Governo  e  tre  dal  Consiglio  regionale della Valle d'Aosta e sono
sottoposti al parere del Consiglio stesso».
    Il d.lgs. n. 320 del 1994, intervenuto in attuazione dello stesso
art. 48-bis  dello  Statuto,  prescrive  all'art. 1, tra l'altro, che
«l'ordinamento   finanziario   della   regione  stabilito,  ai  sensi
dell'art. 50,  comma  3,  dello  Statuto  speciale,  con  la legge 26
novembre   1981,   n. 690»   puo'   essere  modificato  solo  con  il
procedimento   previsto   al   ricordato  art. 48-bis  dello  Statuto
medesimo.
    Com'e'   agevole   osservare,  la  disciplina  dei  trasferimenti
erariali  alla  regione  e' materia su cui la stessa legge n. 690 del
1981 e' intervenuta diffusamente predisponendo un articolato impianto
normativo,  la  cui  modifica,  ancorche'  parziale,  per effetto del
ricordato  art. 1  del  d.lgs. n. 320 del 1994, a sua volta attuativo
dell'art. 48-bis  dello Statuto speciale, non puo' essere validamente
operata,  se non nel rispetto del particolare procedimento statutario
sopra ricordato.
    Ora,  i  commi  24  e  26 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005
pretendono,  invece,  di  incidere  pesantemente  sulla normazione in
merito ai trasferimenti erariali, «a qualsiasi titolo spettanti» alle
regioni  speciali,  e  dunque  anche  alla  Valle  d'Aosta,  dettando
modalita' di calcolo per la riduzione dei trasferimenti medesimi che,
coinvolgendo cumulativamente una pluralita' di enti territoriali, non
tengono  in minimo conto il peculiare assetto normativo relativo alla
regione ricorrente e risultano con esso incompatibile.
    Non  essendo,  quindi,  stato  seguito  lo specifico procedimento
contemplato  dall'art. 48-bis,  comma  2, dello Statuto speciale, per
intervenire  sulla  materia,  come  richiesto  dall'art. 1 del d.lgs.
n. 320/1994,  i  citati  commi  24  e  26  debbono essere considerati
costituzionalmente   illegittimi  per  essere  in  via  indiretta  in
contrasto con la norma statutaria richiamata.
    2.  -  Violazione dell'art. 4 dello statuto speciale per la Valle
d'Aosta   (legge  cost.  n. 4  del  1948)  e  delle  disposizioni  di
attuazione  (in  particolare, d.lgs. n. 431 del 1989), da parte delle
norme di cui al comma 24 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005.
    L'art. 4  dello  Statuto  speciale,  nel  garantire  alla regione
l'attribuzione  delle  funzioni amministrative, implicitamente tutela
l'autonomia   regionale   in   materia   di   attivita'  (e  relative
determinazioni  di  spesa)  dirette  all'acquisto  dei beni che siano
strumentali  tanto  all'assolvimento  di  dette  funzioni,  quanto al
funzionamento  degli  uffici  e  degli  enti dipendenti dalla Regione
stessa.  Tale  norma  e'  stata,  in particolare, attuata mediante le
disposizioni del d.lgs. n. 431 del 1989.
    Il  comma  24 dell'art. 1 della legge che col presente ricorso si
impugna,  nel momento in cui prescrive la riduzione dei trasferimenti
statali  «in  misura  pari alla differenza tra la spesa sostenuta nel
2006  per  l'acquisto da terzi di immobili e la spesa media sostenuta
nel   precedente   quinquennio   per   la  stessa  finalita»,  impone
indirettamente  un illegittimo vincolo all'autonomia amministrativa e
finanziaria  regionale,  per quel che concerne le decisioni in merito
all'impiego delle proprie risorse.
    Dal  momento,  infatti,  che  la  regione  deve  determinare come
utilizzare le proprie risorse finanziarie entro un termine non ancora
scaduto,  avendo consapevolezza che dall'acquisto di determinati beni
piuttosto  che  altri  potra' derivare la riduzione del trasferimento
statale,  essa  e'  fortemente  condizionata - quando non addirittura
forzata -  ad adottare una certa politica di spesa (con riferimento a
specifiche  «voci»)  determinata  non  da  autonome determinazioni di
politica  di  bilancio, ma dall'obiettivo di minimizzare la possibile
riduzione dei trasferimenti.
      In  sostanza,  poiche' la riduzione dei trasferimenti e' legata
alla  spesa  che la Regione sosterra' nel 2006 per l'acquisto di beni
immobili  (ossia ad una spesa non ancora effettuata), ne consegue che
una  previsione  siffatta  rappresenta un pesante condizionamento nei
riguardi   della   facolta'   di   scelta   regionale,  con  riguardo
all'acquisto dei beni medesimi.
    Detto  in  altri  termini, l'«indicatore» cui raffrontare il dato
della  spesa  media  del  precedente quinquennio, ai fini del calcolo
della  prevista  riduzione,  e' costituito dalle «spese sostenute nel
2006» e dunque da un «parametro» non ancora determinato e soprattutto
disponibile da parte della regione.
    Lo  Stato,  in  buona  sostanza,  non  mira a compiere un calcolo
oggettivo   e   fisso  dei  passati  andamenti  di  spesa  regionali,
utilizzando  come indicatore una certa «voce» (acquisti immobiliari),
ma  a  condizionare  specificamente  la  politica  degli investimenti
immobiliari  della  regione.  Circostanza  tanto  piu' censurabile in
considerazione   del  fatto  che  l'art. 119,  u.c.,  Cost.  applica,
viceversa, un regime, di autonomia particolarmente favorevole proprio
per  le  spese  per investimenti degli enti territoriali, consentendo
solo  con  riferimento  ad esse il ricorso all'indebitamento da parte
dell'ente.
    Viceversa,  la  disposizione contestata e' idonea, in definitiva,
ad  introdurre  uno  specifico  limite in relazione ad una singola ed
individuata  voce  di  spesa  del  bilancio regionale. Pertanto, come
codesta  ecc.ma Corte ha avuto modo di affermare piu' volte in merito
a  casi  analoghi  (da  ultimo,  sent.  n. 417  del  2005), essa deve
considerarsi   altresi'  in  contrasto  con  la  garanzia,  di  rango
costituzionale, riservata all'autonomia finanziaria regionale.
    Ne'  a  diverse  conclusioni  si potrebbe giungere considerando i
predetti  commi  quale  manifestazione  di  una competenza statale di
coordinamento   della   finanza  pubblica,  da  svolgersi,  ai  sensi
dell'art. 117, comma 3 e 119, comma 2, Cost., attraverso la posizione
di  principi:  la  specificita'  e  la  dettagliata  incidenza  delle
disposizioni censurate, infatti, consente di escluderlo con nettezza,
sulla  scorta  di quanto ribadito dalla giurisprudenza costituzionale
da  ultimo  rammentata  la  quale  esclude  che  le norme che fissano
vincoli  puntuali a singole voci di spesa dei bilanci delle Regioni e
degli  enti  locali siano qualificabili come principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica.
    3.  -  Violazione  dell'art.  45 e dell'art. 48-bis dello Statuto
speciale  per  la  Valle d'Aosta (legge cost. n. 4 del 1948) da parte
delle  norme  di  cui  al comma 26 dell'art. 1 della legge n. 266 del
2005.
    La  vigente  formulazione dell'art. 8 del d.lgs. n. 320 del 1994,
gia'  richiamato ed attuativo dello Statuto speciale, conformemente a
quanto  previsto dall'art. 48-bis di quest'ultimo, stabilisce che «il
controllo  di  legittimita'  sugli atti amministrativi della Regione,
esclusa  ogni  valutazione  di merito, si esercita esclusivamente sui
regolamenti, eccettuati quelli attinenti all'autonomia organizzativa,
funzionale  e  contabile  del consiglio regionale, nonche' sugli atti
costituenti  adempimento  degli  obblighi derivanti dall'appartenenza
dell'Italia   all'Unione  europea».  L'art. 7  dello  stesso  decreto
legislativo  dispone  che  il  controllo  di  legittimita' sugli atti
amministrativi   indicati   all'art. 8  spetta  alla  Commissione  di
coordinamento della Valle d'Aosta, prevista all'art. 45 dello Statuto
speciale.
    Ora,  il  comma  26  dell'art. 1  della  legge che qui si censura
impone  alla  Regione di comunicare le informazioni trimestrali sugli
acquisti  e  le vendite di immobili anche all'Agenzia del territorio,
affinche'  quest'ultima proceda a verificare la congruita' dei valori
degli  immobili  acquisiti  e  segnali gli scostamenti rilevanti agli
organi competenti per le eventuali responsabilita'. Cosi' disponendo,
tale  comma  introduce  un'illegittima  forma di controllo sugli atti
regionali  assegnata  ad  un  organo  diverso  dalla  Commissione  di
coordinamento.  Che  l'attivita'  svolta dall'Agenzia abbia natura di
controllo, ed addirittura di controllo di merito, non appare dubbio e
risulta,  del  resto, confermato dal suo dovere di segnalazione degli
scostamenti rilevanti alle autorita' competenti.
    Sul  punto  e' significativo, peraltro, rilevare l'abrogazione da
parte  dell'art. 9,  comma  2,  della  legge  cost. n. 3 del 2001, di
quanto  originariamente  fissato  all'art. 125,  comma  1, Cost., con
riguardo  al  regime  dei controlli statali sugli atti amministrativi
regionali.  Il  fatto  che la legge costituzionale si sia limitata ad
espungere dalla Costituzione la previsione delle precedenti modalita'
dei controlli in parola, senza contestualmente sostituirle con altre,
lascia   intendere   in   maniera   chiara   che   l'attuale  assetto
costituzionale  dei  rapporti  tra  Stato  e regioni impedisce ad una
legge   ordinaria   di   reintrodurre   cio'   che   il   legislatore
costituzionale  ha  eliminato,  tanto  in  relazione  alle  Regioni a
statuto  ordinario,  quanto  a fortiori nei confronti delle regioni a
statuto  speciale,  in  forza della clausola di cui all'art. 10 della
medesima  legge  Cost.  n. 3  del  2001,  in  base  alla  quale «sino
all'adeguamento   dei   rispettivi  statuti,  le  disposizioni  della
presente  legge  costituzionale  si  applicano  anche  alle Regioni a
statuto speciale ed alla Province autonome di Trento e Bolzano per le
parti  in  cui  prevedono  forme  di  autonomia piu' ampie rispetto a
quelle gia' attribuite».
    E'  bene precisare, inoltre, che se non e' illegittimo un obbligo
di   comunicazione   da  parte  delle  amministrazioni  pubbliche  di
informazioni  sulla  rispettiva situazione finanziaria alla Corte dei
conti,  come chiarito da codesta Corte con la citata sent. n. 417 del
2005,  un'analoga  valutazione  non puo' essere espressa con riguardo
all'obbligo di comunicazione in parola. Infatti, tale comunicazione -
spettante  non  alla  Regione,  ma  all'Agenzia  del  territorio - si
configura  come  conseguenza di un'illegittima attivita' di controllo
in nulla assimilabile a quello della Corte dei conti.
     Il controllo esercitato da un organo a carattere giurisdizionale
(quale  la  Corte  dei  conti)  e',  difatti  del  tutto diverso, per
modalita'  e  struttura, da quello svolto da un organo amministrativo
statale come, nel caso di specie, l'Agenzia del territorio.
    Opinando   diversamente,   ne   deriverebbe,   assurdamente,   la
derogabilita'  ad  libitum  da  parte  del  legislatore statale della
tassativa   disciplina,   attuativa   dello  Statuto  e  delle  norme
costituzionali   richiamate,  in  materia  di  controlli  sugli  atti
amministrativi regionali.
    Poiche',  dunque,  il comma 26 dell'art. 1 della legge n. 266 del
2005  introduce  una  forma  di  controllo  sugli atti amministrativi
regionali  incompatibile  con  quanto  previsto dagli artt. 7 e 8 del
d.lgs.  n. 320/1994, attuativi dell'art. 45 dello Statuto speciale, e
poiche'  tale  variazione  normativa  non  e'  avvenuta  seguendo  il
procedimento   stabilito   all'art. 48-bis   dello  Statuto  speciale
medesimo,   la   norma   contenuta   in   detto   comma   si   palesa
costituzionalmente illegittima per contrasto con i disposti statutari
appena nominati.
    4. - Violazione dell'art. 119, comma 2, cost., dell'art. 3, comma
1,  lettera  f)  dello  Statuto  speciale per la Valle d'Aosta (legge
Cost. n. 4 del 1948) e delle norme attuative delle disposizioni dello
statuto  speciale  in  tema  di autonomia finanziaria, da parte delle
norme di cui ai commi da 198 a 206, 214 e 216 dell'art. 1 della legge
n. 266 del 2005.
    I   commi   da  198  a  206  dell'art. 1  della  legge  impugnata
introducono,  come  riferito,  norme  intese a fissare un limite alla
spesa  per  il  personale  per  il triennio 2006-2008, anche a carico
dell'amministrazione    regionale,    corrispondente    all'ammontare
dell'analoga  spesa  riguardante  l'anno  2004, diminuito di un punto
percentuale.  Nonostante  l'excusatio  del  comma  206,  vale  a dire
l'affermazione    della   presunta   riconducibilita'   a   «principi
fondamentali   del   coordinamento   della  finanza  pubblica»  delle
disposizioni  dei  commi  da  198  a 205, esse si mostrano gravemente
invasive  dell'autonomia finanziaria regionale. Come codesta Corte ha
avuto  modo  di ribadire (anche attraverso la piu' volte citata sent.
n. 417  del  2005),  le  norme che fissano vincoli puntuali a singole
voci  di  spesa  dei  bilanci  delle  Regioni e degli enti locali non
costituiscono  principi  fondamentali  di coordinamento della finanza
pubblica   e  ledono,  pertanto,  l'autonomia  finanziaria  di  spesa
salvaguardata da previsioni di rango costituzionale. Vale a dire, per
la  legge  dello  Stato  e'  legittimo  fissare  solamente un «limite
complessivo,   che   lascia   agli  enti  stessi  ampia  liberta'  di
allocazione  delle  risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa
(sent. n. 36 del 2004)».
    Appare  evidente  che  l'espresso riferimento, nelle disposizioni
impugnate, alla voce di spesa riguardante il personale, quale voce da
ridurre,   si  pone  in  contrasto  netto  e  diretto  sia  con  tale
giurisprudenza, sia ovviamente con le norme di livello costituzionale
che  la Corte ha piu' volte correttamente individuato come parametro.
In  particolare,  risulta  violato  l'art. 119  Cost.,  comma  2, che
arresta  la competenza statale esclusivamente alla determinazione dei
principi   di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  e  determina
l'illegittimita'  di  norme,  quali quelle censurate, che si spingono
ben oltre tale soglia.
    A quanto precede puo' essere aggiunto il riferimento al parametro
di  legittimita',  per  gli  stessi motivi violato, rappresentato dal
comma  1,  lett.  f)  dello  Statuto  speciale,  che attribuisce alla
regione  il  compito  di  porre  norme legislative di integrazione ed
attuazione,  nell'ambito  dei  principi  individuati  con legge dello
Stato, in materia di «finanze regionali e comunali».
    Si deve, anzitutto, rilevare che, in forza del combinato-disposto
tra  la  disposizione  statutaria  citata e l'art. 117, comma terzo e
119,  comma 2 Cost. (relativi, questi ultimi, alla competenza statale
concorrente  in  tema  di «coordinamento della finanza pubblica e del
sistema  tributario),  la competenza regionale della Valle D'Aosta si
atteggia oggi (in forza della clausola di cui all'art. 10 legge cost.
n. 3  del  2001)  non  piu'  come  meramente suppletiva rispetto alla
competenza  statale,  ma appare garantita nell'ambito dei principi di
coordinamento  stabiliti  dallo  Stato,  il quale deve limitarsi alla
fissazione  di  tali principi. Del resto, che la potesta' legislativa
in  materia  di  autonomia  finanziaria  locale  si  articoli  su due
livelli, statale e regionale, e' gia' stato chiarito da codesta Corte
nella sent. n. 47 del 2004).
    Da  quanto  detto  emerge,  pertanto,  un ulteriore ed autonomo -
sebbene  connesso  -  motivo  di  illegittimita',  dal momento che la
normazione  statale  che  si contesta interviene a vincolare anche la
spesa  per  il personale delle amministrazioni comunali. Pertanto, il
contrasto  con l'art. 3, comma 1, lett. f), dello Statuto speciale e'
apprezzabile anche su tale versante.
    5.  -  Violazione  del principio di leale collaborazione da parte
delle  norme  di  cui  ai  commi da 198 a 206 dell'art. 1 della legge
n. 266 del 2005.
    Sotto  altro profilo, i commi da 198 a 206 determinano, altresi',
una  violazione del principio costituzionale di leale collaborazione.
Stabilendo,  infatti,  che  la  spesa  per  il personale nel triennio
2006-2008   non   dovra'  superare,  per  ciascuno  ditali  anni,  il
corrispondente  ammontare  dell'anno 2004 diminuito dell'1 per cento,
il legislatore statale non tiene conto delle misure e degli atti gia'
adottati  in  materia  dalla regione, nel corso dell'anno 2005, sulla
base  ed  in  ottemperanza  a quanto stabilito dalla legge n. 311 del
2004 (finanziaria 2005).
    Al contrario il principio di leale collaborazione imporrebbe, tra
l'altro,  agli  enti che ne sono astretti (e dunque anche allo Stato)
di  non  introdurre  unilateralmente  variazioni,  anche di carattere
normativo,   in   grado   di   determinare  un  vulnus  al  legittimo
affidamento,  sulla  base  del quale siano stati assunti, dagli altri
enti,  atti  e  comportamenti  specifici  che,  in  seguito  a  dette
variazioni, si rivelino per esse irrimediabilmente pregiudizievoli.
    Nel  caso  di  specie,  in  particolare, non tenendosi conto, nei
commi  da  198 a 206, di eventuali impegni di spesa per il personale,
anche  a  tempo  indeterminato, gia' legittimamente assunti nel corso
del  2005  sulla  base  del  quadro normativo vigente, il legislatore
statale  -  richiedendo  che  il  triennio  2006-2008  veda una spesa
inferiore  dell'1% alla relativa voce del 2004 - espone la regione al
rischio  di un'impossibilita' pratica di rispettare i nuovi parametri
cosi' introdotti. La normazione censurata, dunque, proprio perche' e'
in   grado  di  porre  ex  ante  la  regione  in  una  situazione  di
irrimediabile  «inadempimento»,  contrasta  in modo insanabile con il
principio  di  leale  collaborazione. In definitiva, anche qualora la
regione  tenesse  da  ora  in  avanti  un comportamento «virtuoso» ed
ineccepibile  in  termini  di  spesa  per il personale, il sistema di
valutazione  previsto  nella legge che qui si impugna, basato in modo
del  tutto irragionevole sul 2004 anziche' sul 2005, non escluderebbe
una violazione dei parametri da esso introdotti.
    6. - Violazione del principio della ragionevolezza, sub specie di
vizio  di irrazionalita', da parte delle norme di cui ai commi da 198
a 206 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005.
    Il  comma  204  dell'art. 1  della  legge  impugnata col presente
ricorso,  addossando espressamente gli adempimenti indicati nel comma
198  (ai  fini  della  riduzione delle spese di personale) anche alle
«Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano» lascia intendere
che  la  disposizione  riguardi  anche le regioni a statuto speciale,
come  avviene nella pressoche' generalita' dei casi in cui il termine
«regione» sia associato all'espressione «province autonome».
    Tuttavia,  nel  precedente comma 148 si prevede che «per gli anni
2006,  2007  e  2008,  le  regioni  a  statuto speciale e le Province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano concordano, entro il 31 marzo di
ciascun  anno,  con  il  Ministero  dell'economia e delle finanze, il
livello  delle  spese  correnti  e  in  conto  capitale,  nonche' dei
relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica
per  il periodo 2006-2008, anche con riferimento, per quanto riguarda
le spese di personale, a quanto previsto ai punti 7 e 12 dell'accordo
sottoscritto  tra  Governo,  regioni  e  autonomie  locali in sede di
Conferenza unificata il 28 luglio 2005; in caso di mancato accordo si
applicano   le  disposizioni  stabilite  per  le  regioni  a  statuto
ordinario».
    Ora,  si  mostra evidente l'incoerenza del contenuto normativo di
disposizioni,  quali i commi da 198 a 206 (e 204 in particolare), che
sottopongono   le   regioni   speciali   ad   un   regime  del  tutto
inconciliabile  con  il  riferimento  alla  necessita' di un accordo,
nella  disciplina  della  subiecta  materia,  tra  le  medesime ed il
Ministero  dell'economia,  contemplata  in  altra  disposizione dello
stesso atto normativo, ossia il comma 148. Si tratta di un'incoerenza
tale  da  indurre a concludere per l'illegittimita' costituzionale di
tali  disposizioni  anche  sotto  i riguardi del mancato rispetto del
principio  della  ragionevolezza,  a  causa dell'inconciliabilita' di
piu' norme contestualmente previste nella medesima legge.
    7. - Violazione dell'art. 119, comma 2, Cost., dell'art. 3, comma
1,  lett. i) dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge cost.
n. 4  del  1948)  e  delle  norme  attuative delle disposizioni dello
Statuto  speciale  in  tema  di autonomia finanziaria, da parte delle
norme  di  cui  ai commi 214 e 216 dell'art. 1 della legge n. 266 del
2005.
    Argomentazioni  del  tutto  analoghe a quelle sopra sviluppate al
punto  4  della  presente  motivazione  in  Diritto  valgono anche in
relazione  all'illegittimita'  dei commi 214 e 216, a norma dei quali
sono  soppresse le indennita' di trasferta ed il rimborso delle spese
aeree, per missioni all'estero, e' corrisposto soltanto limitatamente
al  viaggio in classe economica. Si tratta di disposizioni simili, se
non   identiche,   ad   altre   gia'   dichiarate  costituzionalmente
illegittime  da codesta Corte con le pronunce nn. 417 e 449 del 2005.
In  quest'ultima, in particolare, si e' ribadito - ancora una volta -
che  la  «la  previsione,  da  parte  della  legge statale, di limiti
all'entita'  di  una  singola  voce  di  spesa della regione non puo'
essere   considerata   un   principio   fondamentale  in  materia  di
armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e coordinamento della finanza
pubblica  (ai  sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.), perche' pone
un  precetto  specifico  e  puntuale  sull'entita'  della  spesa e si
risolve   percio'  in  una  indebita  invasione  dell'area  riservata
dall'art. 119  Cost.  alle  autonomie  regionali e degli enti locali,
alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri ed obiettivi (ad
esempio,  contenimento  della  spesa  pubblica),  ma  non imporre nel
dettaglio  gli  zstrumenti  concreti  da  utilizzare  per raggiungere
quegli obiettivi».
    8.  -  Violazione  dell'art.  2,  comma 1, lett. q) dello Statuto
speciale per la Valle d'Aosta (legge Cost. n. 4 del 1948) e dell'art.
117,  sesto comma, Cost., da parte delle norme di cui ai commi da 583
a 593 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005.
     I commi da 583 a 593 dell'art. 1 della legge oggetto di censura,
ove riferibili anche alle Regioni a statuto speciale, intervenendo in
maniera dettagliata in materia di «insediamenti turistici di qualita'
di   interesse  nazionale»,  si  pongono  in  diretto  contrasto  con
l'art. 2,  comma  1,  lett.  q),  dello Statuto speciale per la Valle
d'Aosta,  poiche'  invadono  una competenza riservata alla Regione. A
quest'ultima,  infatti,  risulta attribuita dalla norma statutaria la
potesta'  legislativa primaria con riguardo a «industria alberghiera,
turismo  e  tutela  del  paesaggio»;  ne  risulta  dunque  esclusa la
legittimita'   di  un  intervento  statale,  addirittura  puntuale  e
specifico, quale quello contemplato nei commi contestati.
    Ne'  a questo proposito puo' avere rilievo la circostanza che gli
«insediamenti turistici di qualita» di cui si parla siano qualificati
dal  legislatore statale come «di interesse nazionale». Siano, a tale
riguardo, sufficienti due considerazioni.
    Anzitutto,  ove  anche  sussistesse  l'interesse  nazionale, esso
potrebbe rappresentare un limite al concreto esercizio della potesta'
legislativa  della  Regione  speciale, ma non gia' un autonomo titolo
competenziale  in  grado  di  legittimare  lo Stato ad intervenire in
qualunque  settore  materiale,  benche'  riservato, da norme di rango
costituzionale, alla potesta' normativa della sola Regione.
    In secondo luogo, il «rispetto degli interessi nazionali», cui e'
sottoposta   la   legislazione   regionale   valdostana,   ai   sensi
dell'art. 2,  comma 1, dello Statuto speciale (ribadendo che qui esso
non  rileva,  poiche' non e' in questione un atto normativo regionale
lesivo  di tali interessi), deve intendersi superato, dal momento che
l'art. 3  della legge Cost. n. 3 del 2001, nel riformulare l'art. 117
Cost.,  ha  abrogato  per  le regioni a statuto ordinario l'interesse
nazionale   quale   limite   specifico  all'esercizio  dell'attivita'
legislativa.  E  l'art. 10  della stessa legge costituzionale prevede
che  «sino  all'adeguamento  dei  rispettivi statuti, le disposizioni
della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a
Statuto speciale ed alla Province autonome di Trento e Bolzano per le
parti  in  cui  prevedono  forme  di  autonomia piu' ampie rispetto a
quelle gia' attribuite».
    Nemmeno  puo',  poi, invocarsi l'attrazione della materia, in via
sussidiaria,  nell'orbita  delle  competenze  normative statali. Come
chiarito da codesta ecc.ma Corte attraverso la sent. n. 303 del 2003,
perche'  tale  attrazione possa considerarsi legittima, e' necessario
che  lo  Stato  abbia  previamente  assunto,  per  ragioni  di tutela
dell'esercizio  unitario  ex  art. 118,  comma  1, Cost., le relative
funzioni  amministrative.  E  non  e'  questo  il caso di specie, dal
momento  che  i  commi  contestati  lasciano alle Regioni le funzioni
amministrative riguardanti il settore oggetto di normazione.
    Con  specifico  riguardo al comma 586, si deve inoltre aggiungere
una  violazione  della riserva di potesta' regolamentare in capo alla
regione,  nelle  materie  di  propria  competenza.  Tale  comma  586,
infatti,    rinvia    -    per   l'attuazione   di   taluni   profili
(l'individuazione  dei  requisiti  necessari per avanzare le proposte
con  riguardo  agli  insediamenti  turistici  di  cui si parla) della
disciplina  legislativa  statale,  gia', come si e' detto, di per se'
illegittima  -  ad  un  regolamento  del  Ministro  per  le attivita'
produttive.
    Sicche',   puo'   dirsi   che  in  questo  caso  l'illegittimita'
costituzionale  della  previsione  legislativa  statale  e'  finanche
duplice,  in  quanto  essa non soltanto invade direttamente un ambito
rientrante  tra  le  competenze  legislative  regionali,  ma  rimette
altresi'  ad una successiva fonte secondaria la disciplina di aspetti
di esso tutt'altro che irrilevanti. Ora, la potesta' regolamentare e'
costituzionalmente  attribuita  allo  Stato,  a  norma dell'art. 117,
comma  6,  limitatamente  alle  materie  di  legislazione  esclusiva,
elencate al comma 2 del medesimo articolo, tra le quali non figura in
alcun  modo  il  turismo.  Pertanto,  il  comma  586  oltre ad essere
incompatibile   con  l'art. 2,  comma  1,  lett.  q),  dello  Statuto
speciale,  viola altresi' l'art. 117, comma 6, Cost. (sempre in forza
della clausola di cui all'art. 10 legge Cost. n. 3 del 2001).
    Sul  punto  si  e',  peraltro chiaramente espressa codesta ecc.ma
Corte  nella  sent.  n. 30  del  2005,  nella  quale,  in fattispecie
analoga, ha precisato (sulla scorta della precedente giurisprudenza),
che  in  materie di competenza concorrente la legge statale «non puo'
spogliarsi della funzione regolativa affidandola a fonti subordinate,
neppure  predeterminandone i principi che orientino l'esercizio della
potesta'   regolamentare   per   circoscriverne  la  discrezionalita'
(sentenza   n. 303  del  2003),  con  la  conseguente  illegittimita'
costituzionale   della   norma   che   prevede  l'applicabilita»  dei
regolamenti anche alle regioni.
    9.  -  Violazione  dell'art.  117, quarto e sesto comma, Cost. da
parte  delle  norme  di  cui  ai commi da 597 a 600 dell'art. 1 della
legge n. 266 del 2005.
    Le  disposizioni  dei  commi da 597 a 600 dell'art. 1 della legge
n. 266  del  2005, ora impugnata, intervengono in materia di edilizia
residenziale   pubblica,   prevedendo  che,  attraverso  un  apposito
d.P.C.m.,  vengano  semplificate  le  norme in materia di alienazione
degli  immobili  di  proprieta'  degli  Istituti autonomi per le case
popolari.  Si aggiunge  che  tale decreto deve essere preceduto da un
accordo  tra  Governo  e  regioni in materia, ma allo stesso tempo si
stabiliscono  i  contenuti  indispensabili  dell'accordo medesimo, in
particolar  modo  con  riguardo  al  prezzo  di  vendita delle unita'
immobiliari   ed  alla  destinazione  dei  proventi  derivanti  dalle
alienazioni.
    La   disciplina   legislativa   statale   cosi'  introdotta,  ove
riferibile  anche  alla  regione  ricorrente,  e' posta in violazione
dell'art. 117,  comma  4,  Cost., che attribuisce alle regioni (anche
alla  Valle  d'Aosta,  poiche', nel caso di specie, prevede una forma
piu'  ampia  di  autonomia  rispetto a quella statutaria, ex art. 10,
legge  Cost. n. 3 del 2001) la potesta' legislativa in riferimento ad
ogni  materia  non  espressamente  riservata  alla legislazione dello
Stato  (cfr. la  gia'  citata  sent. n. 30 del 2005 di codesta ecc.ma
Corte). E dunque, la normazione con riguardo agli alloggi di edilizia
residenziale pubblica, come codesta Corte ha avuto modo di acclarare,
costituisce «espressione della competenza spettante alla regione», in
via  residuale  ex  art. 117,  comma  4  (sent. n. 104 del 2004), dal
momento  che  non  si  tratta di una materia espressamente attribuita
alla potesta' legislativa statale.
    La  violazione,  inoltre,  e'  tanto  piu'  evidente in quanto si
abilita,  ancora  una  volta  (cfr. punto precedente), un regolamento
governativo   a  dettare  una  puntuale  disciplina  in  tale  ambito
materiale.  Anche  a  questo  riguardo,  va  rilevato che la potesta'
regolamentare  statale,  potendo  intervenire  a norma dell'art. 117,
comma  6,  Cost.,  soltanto  negli ambiti in cui lo Stato ha potesta'
legislativa  esclusiva,  va senz'altro esclusa in materia di edilizia
residenziale pubblica.
    Ne' a tale proposito la previsione della necessita' di un accordo
tra  Stato  e regioni, per la parziale determinazione del regolamento
in parola, puo' considerarsi sanante. Anche per la considerazione che
alcuni    contenuti    determinanti   dell'accordo   stesso   vengono
direttamente  stabiliti  dal  comma 598, alle lettere a), b) e c). Si
e',  pertanto,  in  presenza  di  un  accordo del tutto sui generis e
puramente  nominale,  dal  momento  che la posizione della Regione su
tali  punti  non  puo'  discostarsi  da  quanto  lo  Stato ha, con le
disposizioni censurate, preventivamente stabilito in via legislativa.